Opinione

Il re dei ninnoli: il mio amore incondizionato per gli oggetti piccoli

Sempre più persone si danno al «minimalismo», cioè a quel modo di vivere con il minor numero possibile di oggetti. Io non saprei neanche da che parte iniziare, perché sono un'incurabile nostalgico, che non riesce a separarsi neanche da una vecchia molletta.

Leggo sempre più spesso di persone che si separano volutamente da quasi tutti gli oggetti in loro possesso, per arrivare ad averne ancora solo 50. Dicono che questo li ha portati a una vita più piena, appagata e più leggera sotto ogni punto di vista; alcuni si sono addirittura trasferiti in una «Tiny House». Personalmente, il «minimalismo» mi ispira e mi stimola, soprattutto dopo aver visto l'omonimo documentario su Netflix. Mi piacerebbe essere un minimalista. Ma non lo sono e non potrei mai esserlo, perché posseggo circa 5 000 oggetti. Anzi, forse sono addirittura 50 000. Non so quanti siano esattamente, ma li adoro e non potrei mai separarmene.

C'è una piccola scultura a filo di un artista di Tel Aviv, una pila di cubi in elementi diversi (ferro, carbone e rame), una figura stilizzata in perline da stiro, «Groot» dei «Guardiani della Galassia», «Kaneda» di «Akira», una mini Millenium Falcon in mattoncini LEGO, una replica in miniatura del «Burning Man» – la scultura in legno bruciata ogni anno all'omonimo festival nel deserto del Nevada (ne fanno una nuova ogni anno, ovviamente). Ci sono stato nel 2014 ed è lì che me l'ha regalata Ira, un simpatico vecchietto che durante il festival non indossava altro che un cappello a cilindro. L'ha fatta lui con le sue mani. Mi stava molto simpatico e i bei ricordi legati alla festa non sono ancora svaniti, così la statuetta si trova ancora sul ripiano del mio bagno. Molte stanze di casa mia hanno una funzione museale. A dire il vero tutte.

Una delle «sale espositive» di casa Meyer.
Una delle «sale espositive» di casa Meyer.

I bei ricordi sono un vero problema. In effetti, sono associati anche a cose che oggettivamente potrebbero essere definite spazzatura e forse per questo non le espongo da nessuna parte. Come questa vecchia molletta di plastica che ho trovato nella mia soffitta in una di quelle scatole piene di ricordi. Ci giocavo da bambino mentre mia madre appendeva il bucato e quando la vedo mi torna in mente tutto. Per questo ce l'ho ancora.

Non posso certo gettar via parte della mia infanzia! È questa la mia logica.
Non posso certo gettar via parte della mia infanzia! È questa la mia logica.

La mia partner non ha alcuna comprensione per questi sentimentalismi. Per il resto, siamo molto simili, ma su questo punto non potremmo essere più diversi, il che esclude l'idea di vivere nello stesso appartamento. Mi vuole bene, dice, e le piacerebbe vedermi anche tutti i giorni, ma teme il mio esercito di statuine, cristalli di rocca e quant'altro.

Più o meno gentilmente, si è offerta di aiutarmi a ripulire la mia soffitta (credo che abbia usato la parola «benna»). Siccome sono abbastanza d'accordo con lei sulla questione e vorrei davvero liberarmi di questa zavorra, ho accettato e siamo saliti insieme su per le ripide scale. Con una punta di invidia, ho guardato le cantine dei miei vicini. Una era praticamente vuota. In un'altra, c'era solo un fucile d'assalto appoggiato a tre scatole di cartone. La mia, invece, è piena di libri, vecchi giocattoli e molto altro.

La mia ragazza ha gettato un grido d'orrore: ma i CD non li ha più nessuno! Buttiamoli. Mai e poi mai, ho risposto, lì dentro ci sono un sacco di rarità anni '90. E i Duplo, ha esclamato, tuo figlio non ci gioca più da anni ormai! Sì, ho detto, ma se poi lui avesse dei figli? In fondo anche io ho conservato i miei mattoncini per lui.

Al che mi ha chiesto di fare almeno una selezione grossolana. Mi sono dunque messo al lavoro. Ma nel farlo, mi sono capitate cose così grandiose tra le mani, piene di ricordi della mia infanzia, come una carta di identità che mi sono fatto da solo nel lontano 1986, quando la cometa Halley sfrecciava sulla terra, accompagnata dalla sonda «Giotto», la cui solitaria scomparsa nello spazio mi ha turbato profondamente. Non si può gettar via una cosa del genere!

Mi consenta, Signor Ingegner Meyer
Mi consenta, Signor Ingegner Meyer

La mia partner qualche giorno fa mi ha chiesto a che punto sono. Le ho risposto che presto avremmo dovuto preparare la cena. A che punto sono, ha ribadito, guardandomi come se fossi un bambino di sei anni che dopo aver spostato due peluche dichiara di aver riordinato la sua stanza. Così l'ho guarda con gli occhi di un bambino di sei anni che dopo aver spostato due peluche non riesce a capire perché questo sforzo non gli dia il merito di aver rimesso a posto la stanza.

Thomas Meyer è un nuovo redattore della rivista Galaxus. D'ora in poi scriverà regolarmente per noi. Ecco il comunicato stampa sul suo nuovo incarico.

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Nato nel 1974 a Zurigo, lo scrittore Thomas Meyer ha lavorato come redattore pubblicitario fino alla pubblicazione del suo primo romanzo «Non tutte le sciagure vengono dal cielo» nel 2012 (tradotto in italiano nel 2015). È padre di un figlio e quindi ha sempre una buona scusa per comprare Lego. Per saperne di più: www.thomasmeyer.ch. 


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