

Ray Danz soundbar TLC: Dolby Atmos a prezzi ragionevoli

Anche il gigante tecnologico cinese TCL vuole lasciare il segno in Europa con le soundbar. Il loro fiore all’occhiello sonoro: Ray Danz, un riuscito atto di equilibrio tra prezzo e prestazioni – anche grazie a Dolby Atmos, come dimostrerà il test.
Urla. Urla di Jane. Provengono da qualche parte lontano nella giungla. Tarzan le sente perché si trova sul precipizio del burrone nella giungla da cui si sentono. L'uomo che parla con le scimmie salta.
Il suono si interrompe. Tarzan in picchiata.
Poi, mentre sfonda le chiome degli alberi e afferra una liana, la musica riprende. Irrompente. Percepisco le vibrazioni del basso nel petto. Tarzan oscilla di ramo in ramo. La pioggia battente scroscia sulle grandi foglie. O sul mio viso? La corrente d'aria sibila. Le grida delle scimmie e i colpi di pistola tuonano minacciosamente in lontananza. Tarzan deve sbrigarsi.
Pelle d’oca.
Inizia il test della soundbar Ray Danz.
Soundbar con alette e sincerità
Appariscente è il design. Soprattutto il design, direi. Perché Ray Danz di casa TCL non è solo una larga trave ricoperta di tessuto; a sinistra e a destra dell'altoparlante c'è un pezzo di plastica curvo, bordato da due lastre di plastica. Strano. Non ho mai visto nulla del genere. Sembrano ali. Ma fanno in modo che la soundbar abbia un suono meraviglioso. Anche grazie a Dolby Atmos.
Dolby Atmos in una soundbar che costa meno di 500 franchi, rispettivamente 400 euro? Cosa più unica che rara, anche per il nostro shop. E poi con 540 watt di potenza in uscita e un sistema a 3.1 canali; i bassi provengono da un subwoofer separato.

Sì, TCL, l'azienda tecnologica cinese, ha portato sul mercato qualcosa di molto allettante: una dichiarazione di guerra alla concorrenza. Samsung e LG, per esempio. E Ray Danz non appare ingombrante. 105 centimetri di larghezza. Leggermente più larga di un televisore da 48 pollici. Ci può stare.
Concretamente:
Larghezza: 105 cm
Altezza: 5,5 cm
Profondità: 11 cm

Visivamente, sono particolarmente interessanti le due lastre di plastica curvate – le ali. La plastica stessa potrebbe far risultare il prodotto scadente. Ma a me, il design sembra futuristico. È una figata, anche se poco convenzionale. Le due lastre curvate hanno uno scopo ben preciso: gli altoparlanti non irradiano in avanti, ma sulle suddette ali. Da lì, le onde sonore vengono riflesse nella stanza.
Questo assicura un suono ampio che riempie lo spazio. Ampio e che riempie lo spazio, nel senso che non sembra che il suono provenga dalla trave davanti alla TV, ma da un'intera orchestra nella stanza.
Ok, ora per favore non immaginarti una vera orchestra. La soundbar non è poi così buona. Ma se hai afferrato il concetto di «ampio» e «che riempie la stanza», sono soddisfatto.
Certo, i produttori di soundbar promettono costantemente grandi e ampi palcoscenici sonori – da qui l'analogia dell’orchestra. Palcoscenici sonori con sofisticati effetti acustici 3D che non richiedono altoparlanti aggiuntivi, da posizionare di lato o dietro l'ascoltatore. I cosiddetti satelliti. Funziona solo se il suono proveniente da una soundbar viene manipolato. Questa manipolazione ha un nome:
Digital Signal Processing. DSP in breve.
Le tecnologie DSP sono ovunque, non solo nelle soundbar. Anche in normali altoparlanti, cuffie o auricolari. In parole povere, manipolano i segnali audio digitali come funzioni matematiche quali aggiungere, sottrarre, moltiplicare e dividere. Ovviamente, il tutto è più complesso. Nell'esempio di una soundbar, calcoli e algoritmi complicati fanno sì che si senta un suono dietro di sé anche se non ci sono altoparlanti; l'unica fonte di suono rimane la soundbar di fronte a te.
È possibile?
Queste tecnologie DSP sono usate bene ed efficientemente, specialmente in cuffia, per creare un suono surround. In realtà di solito ci sono solo uno o due diffusori per orecchio. Con le soundbar la storia è diversa. Più difficile. E i calcoli intrinsecamente complessi degenerano in un ronzio di marketing quando termini come «Vertical Surround Engine» o «S-Force Pro Front Surround» promettono «un suono realistico e multidimensionale», dove in realtà non viene creato un vero suono surround 3D.

La Ray Danz non è una soundbar che promette il suono surround, e questo per me ha un gran valore. TLC rinuncia ad accaparrarsi i clienti a scapito della sua credibilità, che comunque pochi metterebbero in dubbio perché non se ne intendono. La promessa di TLC, sebbene non completamente immune ai trucchetti di marketing, è molto più sincera:
L'innovativa tecnologia RAY-DANZ crea un palcoscenico sonoro naturale, coinvolgente e ampio, con uno sweet spot più esteso per un piacere ottimale.
Questo cambia tutto il mio approccio al test. Se TCL si riempisse la bocca di paroloni come gli altri produttori, sfiderei le loro promesse di marketing di conseguenza, e desumerei che la Ray Danz non crea il suono surround e non vale i suoi soldi.
Ma in questo modo testo la soundbar per quello che effettivamente promette: un suono molto buono a bassi costi di acquisto.
Guardare film: niente farfugliamento digitale
Dunque. Con cosa abbiamo a che fare esattamente?
La Ray Danz è una soundbar a canale 3.1. Ovvero, un altoparlante da sinistra e uno da destra. E per l’appunto: gli altoparlanti non irradiano in avanti, ma sulle ali curve, da dove il suono viene poi emesso nella stanza. Per questo l'altoparlante centrato. Quest’ultimo si occupa soprattutto degli alti, elemento necessario per la chiarezza dei dialoghi. Infine, lo «0.1» in «3.1» sta per il basso fornito separatamente.
A proposito: la soundbar ha due ingressi HDMI. Uno con HDMI-ARC. Così da un lato, il suono può essere inviato direttamente dal televisore alla soundbar, dall'altro, posso collegare sorgenti sonore esterne direttamente alla soundbar, da dove l'immagine HDR – Dolby Vision – viene inviata al televisore via HDMI-ARC. In alternativa, c’è anche un ingresso Toslink, USB e AUX.

Ho testato la soundbar Ray Danz nella mia camera da letto, leggermente più piccola del mio soggiorno. È quindi il luogo ideale per una soundbar senza sistema surround. Ho guardato molti contenuti nel corso delle ultime quattro settimane. Come rappresentante di tutti questi contenuti, ho scelto «La leggenda di Tarzan» del 2016. Non è certo una pietra miliare nella storia del cinema. Ma il film è visivamente bello ed è accompagnato da musica imponente e suono Dolby Atmos.
Urla. Urla di Jane. Provengono da qualche parte lontano nella giungla.
La Ray Danz fa un buon lavoro. Come già detto: il suono non proviene dal soffitto. Ma il paesaggio sonoro è ampio, riempie la mia camera da letto senza problemi e non sembra mai sovraccarico. Questo è ciò che è importante per me. Proprio per questo ho scelto questa scena: per le soundbar economiche – o mal regolate – è spesso causa di fallimento.
Te lo spiego: le soundbar economiche con altoparlanti meno potenti usano il DSP per farle suonare più di quanto riescano a suonare in realtà. Se il suono è un muscolo, troppo DSP corrisponde agli steroidi. «Vertical Surround Engine» e via dicendo, ricordi? Musica e suono vengono manipolati digitalmente, fino a quando non appaiono più organici ma artificiali. O sovraccaricati; una cacofonia di rumori e sfarzo arbitrario che non è più piacevole all'orecchio.
Sono sicuro che lo hai già notato in passato. Nei negozi, ad esempio. O alle fiere. Se lì hai sentito una soundbar e hai pensato:
«La soundbar è forte, sì, ma per qualche motivo non mi piace il suo suono. Sembra... sbagliato».
Il suono della Ray Danz non sembra sbagliato. Sul serio. Ma suona bene come una Sonos Arc? Decisamente no. L'Arc è ancora più ampia nel suo effetto. Più calda. Più organica. Scatena ancora più suono e musica e fa rimbombare un basso potente anche se non si acquista un subwoofer separato.
Ray Danz è pienamente consapevole di non essere alla portata di Sonos Arc, che costa quasi il doppio. Ma non vuole neanche esserlo. Si trattiene discretamente con l’uso del DPS; la cupola sonora che ne deriva crea suoni piacevoli e naturali. Certo, una qualche forma di DSP deve essere al lavoro. Soprattutto quando si tratta di riflettere le onde sonore. Ma: ci sono sempre le ali di plastica curvate. Queste aiutano a riflettere il suono nella stanza senza troppe manipolazioni digitali.
Ray Danz vince quindi contro soundbar della stessa classe di prezzo.
Ascoltare la musica: decente ma non tanto potente
La Ray Danz può essere utilizzata anche come altoparlante multiroom grazie al Chromecast integrato di Google. L'integrazione nella rete domestica avviene tramite la Google Home App. Altrimenti, puoi connettere i tuoi dispositivi alla soundbar anche tramite Bluetooth.
Come suona tutto questo? Molto bene. Te lo spiego prendendo come esempio «This is Berk» di John Powell da «Dragon Trainer». Ho sentito questo score già decine di volte. L'ultima volta che l'ho sentito, era durante il test della Sonos Arc. Ecco perché so esattamente come dovrebbe suonare ogni passaggio. Dove il basso deve essere selvaggio e indomito. Dove voglio sentire un suono più pungente.
La canzone inizia con un lento brontolio di ottoni. Suonano l’inno di Berk, il villaggio vichingo del film. Con la Sonos Arc i tromboni – o sono tube? Non importa – hanno un suono forte e voluminoso. Non tanto con Ray Danz. Poi iniziano gli archi. Da qualche parte credo di sentire un clarinetto. Ma non spicca con la stessa chiarezza dell’Arc, distaccandosi dai tamburi in sottofondo, che con delicatezza e quietamente danno il ritmo.
Minuto 1:10. I passaggi d’azione. Forti e gonfi. Perché la percussione attacca in crescendo. Come il basso della Ray Danz. Nel film, la telecamera immaginaria sorvola il villaggio dei pazzi, che presto saranno i vichinghi che cavalcano i draghi. La soundbar riempie bene la stanza. Mi ricorda perché amo così tanto questa parte.
Solo gli archi alti hanno i medi un po’ troppo pronunciati. Quando guardo film e serie non ho problemi. Al contrario. Ma quando ascolto la musica sono sempre consapevole che il suono proviene dalla soundbar che ho davanti a me, e non da un'orchestra dal vivo nella mia camera da letto. Fosse per me, il basso dovrebbe essere un po' più potente senza doverlo regolare io stesso con il telecomando in dotazione.
Ecco, Ray Danz sta raggiungendo il suo limite. Una transizione complessa e difficile. Una sfida per molte soundbar. È proprio per questo che la musica di Berk è così perfetta per questi test.
Questo è il suono adatto ad una soundbar di fascia medio-alta
Tutto sommato, sono soddisfatto di quello che Ray Danz fa con la musica e il suono. Grande merito è da attribuire alle guide acustiche curve sviluppate internamente da TLC. Grazie a loro, la soundbar ottiene un palcoscenico sonoro piacevolmente ampio, anche in verticale, senza dover ricorrere ad esagerati trucchi digitali. Questo ripaga: le soundbar della stessa classe di prezzo raramente suonano altrettanto bene.

Anche la musica è bella da ascoltare, anche se il divario rispetto a una soundbar come la Sonos Arc è evidente. Non c'è da stupirsi: Sonos è uno dei leader nel settore dei sistemi di altoparlanti multiroom. E la Sonos Arc, la loro soundbar di punta, costa circa il doppio della Ray Danz. Un certo divario è plausibile ed accettabile.
Infine, un'ultima cosa: TCL non ricorre a un marketing farneticante per attirare clienti con false promesse. Promesse come l'imitazione di altoparlanti satellitari attraverso il semplice utilizzo di tecnologie DSP. Ma sai cosa? Neanche le altre soundbar nella stessa fascia di prezzo sono in grado di farlo. Quindi: grazie, TCL, per non provarci nemmeno.


La mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot».