
Retroscena
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di Luca Fontana
Dietro ai personaggi di «How to Train Your Dragon» si nasconde il sangallese Simon Otto. Ma la sua collaborazione con la Dreamworks finisce proprio con il lancio dell’ultimo episodio della famosa trilogia. Otto ha deciso di lanciarsi in una nuova avventura: la regia.
Il drago spiega maestosamente le sue grandi ali nere, le agita lentamente per prendere il volo. Gli occhi verde-giallo sono raggianti, lo sguardo è attento e si nota una certa tensione sul volto. È la prima volta che Sdentato vola portando in groppa un cavaliere. Centinaia di metri sotto di loro si intravede la città vichinga di Berk.
Volare è sinonimo di libertà. Indipendenza. Simon Otto si assicura che io percepisca pienamente queste emozioni. Per quasi un decennio, come Head of Character Animation della Dreamworks, è stato responsabile del dipartimento che ha progettato tutti i draghi e i vichinghi del film. Ha curato dall'aspetto alla personalità dei singoli personaggi.
E ora vuole cimentarsi nella regia.
«Sin da piccolo sapevo di voler diventare animatore cinematografico», spiega Simon Otto durante la presentazione del terzo film della saga sui draghi presso il festival di film di animazione [Fantoche] (https://fantoche.ch/de) a Baden, regalando così al giovane pubblico un primo sguardo all’arte dell'animazione. E intanto disegna piccoli meravigliosi Sdentati sul retroproiettore. È nel suo elemento. Ci racconta che i suoi amici da bambini desideravano fare mestieri come il macchinista di locomotive o il vigile del fuoco. Ma più aumentava il numero di candeline sulla loro torta, più questi sogni si sbiadivano.
«Per me è stato diverso. I miei sogni non mi hanno mai abbandonato. E mi accompagnano tuttora.»
Prima di dedicarsi alla trilogia di «Dragon Trainer», Simon Otto stava lavorando al «Principe di Egitto», un altro film di animazione della Dreamworks. Era il 1997 quando il giovane svizzero originario di Gommiswald (Canton San Gallo), reclutato direttamente dalla scuola di animazione di Parigi, è stato catapultato a Hollywood presso lo studio di animazione della Dreamworks, co-fondato da Steven Spielberg. «Era come passare da un campionato di calcio regionale a quello della Coppa del Mondo. Ho dovuto darmi da fare per stare al passo.» Il cavallo di battaglia del suo portfolio con cui ha sedotto i responsabili dello studio? Sculture di neve. «Durante il servizio militare ho conosciuto uno che faceva sculture di neve a livello professionale. La cosa mi ha incuriosito e così ho iniziato a farne anche io.»
Le sculture di neve hanno ispirato non solo lui, ma anche i manager della Dreamworks. Per 13 anni Otto ha svolto diverse mansioni presso il prestigioso studio, fino diventare capo dell'animazione dei personaggi. Nessuno svizzero prima di lui ha mai avuto tanto successo a Hollywood. Ma non si direbbe. Risponde tranquillamente alle mie domande e mi spiega tutto in maniera dettagliata. La sua famiglia lo aspetta al piano di sotto, ma lui non me lo fa assolutamente pesare e si prende il tempo necessario per me. Anzi, riusciamo anche a chiacchierare all’anno che ho passato negli Stati Uniti durante un programma di scambio culturale.
«Fare l’animatore, non è molto diverso da fare l’attore. Con le proprie espressioni facciali e i propri gesti l’attore trasporta emozioni e l’animatore fa esattamente lo stesso con la sua penna, mentre crea una figura animata», spiega Otto. Regista e sceneggiatore determinano il modo in cui un personaggio funziona nella storia, ma tutta la sua vita interiore viene plasmata dall'animatore. «È questo che dà vita al personaggio in sé, rendendolo riconoscibile e facendolo sembrare umano.» Ed è ciò che sta alla base di un buon film di animazione. «Non basta avere una buona tecnica. Ci vuole talento e finezza», spiega Otto. Talento che di tanto in tanto ritrova nei suoi studenti della Scuola universitaria professionale di Lucerna, dove ogni anno dà un master di animazione.
Dal punto di vista tecnico è cambiato molto rispetto a prima. «Con i nuovi programmi per computer, persino mio figlio di dieci anni è in grado di far muovere le figure.» Inoltre, i film d'animazione oggi sono una cosa molto più grande di quanto non lo fossero negli anni '90. A quei tempi i cartoni animati erano incredibilmente in voga. Finché è arrivato «Toy Story». Otto: «Con il suo enorme successo, il film di animazione ha aperto un mercato completamente nuovo.»
Pur disegnando sempre meno figure sul lavoro, Otto non smetterà mai di disegnare. «In vacanza, ho sempre un taccuino con me. Uso le immagini come fossero parole e racconto la storia del mio viaggio come in un diario.» Il disegno è molto più potente di una foto, perché nell’atto del disegno ci si abbandona completamente. «Quando riguardo le immagini in un secondo momento, le emozioni e gli odori percepiti in quell’istante riemergono immediatamente», spiega Otto.
Ma nella vita di tutti i giorni, quando sto con la mia famiglia, di tanto in tanto decido volutamente di non aprire il mio quaderno con gli schizzi. «Ho dovuto imparare a staccare Durante gli studi disegnavo sempre e ovunque per raggiungere un certo livello. Ora ci sono altre priorità.» Come quelle relazionate a suo figlio e sua moglie che vivono a Los Angeles insieme a lui. «Anche se a volte mi dà fastidio che mio figlio parli inglese meglio di me e senza accento, anche se vivo negli Stati Uniti da 22 anni», dice ridendo.
Dopo 22 anni ha deciso di abbandonare la Dreamworks: «È il momento giusto di andare.» Lo studio cinematografico è stato venduto, la gestione è cambiata e le decisioni definitive per i progetti vanno a rilento.
Otto inizia un nuovo capitolo e si mette in proprio. Nei panni di regista. «Posso iniziare a produrre molto prima, anche durante un brainstorming o nella fase concettuale. Se entri in gioco come animatore, di solito questi punti sono già stati definiti e fissati.» Inoltre, ora si è reso conto di quanti progetti cinematografici falliscano prima di avviarsi realmente.
«Ritornare a lavorare per Dreamworks non è completamente escluso», afferma, ma per il momento preferisce concentrarsi sulla regia. Attualmente sta lavorando per varie serie e una pubblicità. È tutto ciò che può dirci.
Il solito segreto professionale.
Ampliare i miei orizzonti: si riassume così la mia vita. Sono curiosa di conoscere e imparare cose nuove. Le nuove esperienze si nascondono ovunque: nei viaggi, nei libri, in cucina, nei film o nel fai da te.