
Opinione
Perché reinventare la ruota? Voglio più riuso nei giochi!
di Domagoj Belancic
Anni e anni di assalti hanno dato i loro frutti. Blizzard fa rivivere «World of Warcraft» nella sua forma originale. Anch'io mi sono lasciato trasportare dalla nostalgia. Il gioco di culto compie 15 anni ed è più divertente di quanto mi aspettassi. Tuttavia, non voglio restare.
Sono a casa. Con il mio cacciatore Tauren mi trovo a Red Cloud Mesa, la zona di partenza della razza di mucche taurine. La musica mi fa già venire la pelle d’oca e tanti flashback. Davanti ho un PNG con un punto esclamativo giallo sopra la testa. Tuttavia, tra la mandria di altri giocatori che hanno appena iniziato a giocare non si nota quasi per niente. È come 15 anni fa, quando ho giocato per la prima volta a «World of Warcraft», compresi gli orribili tempi di attesa. Almeno non ci sono lag.
Cammino un po' e tutto mi sembra familiare, come se non fossi mai andato via. La grafica è semplice, ma è invecchiata sorprendentemente bene. La mia barra delle abilità è ancora vuota; il mio cacciatore ha solo due attacchi. Ho scelto deliberatamente lo stesso personaggio. Un toro grasso e pigro che fa il cacciatore è stato da sempre assurdo per me.
Ho immediatamente ripristinato il principio del gioco. Ho persino notato come le mie dita cercassero automaticamente shortcut che non sono ancora stati sbloccati perché il mio personaggio è al livello 1. Ma non c'è da meravigliarsi. Dopo tutto ho giocato a WoW fino alla prima espansione «Burning Crusade» e fino alla nausea. Il primo weekend, io e il mio amico non abbiamo quasi chiuso occhio perché non riuscivamo a fermarci. Solo con il raid a 40 giocatori «Molten Core», che divorò rapidamente mezza giornata, «World of Warcraft» divenne sempre più lavoro che piacere per me.
Ma io e il mio cacciatore di livello 1 siamo molto lontani da questo. Nella zona di partenza dei Tauren, Mulgore, gli avversari più forti sono di livello 10. Le quest di allora non erano particolarmente fantasiose. Si trattava quasi esclusivamente di uccidere qualche Mob (nemico). O perché il compito era tutto qua o perché avevi bisogno di qualche oggetto in loro possesso. Ad esempio zampe di lupo. Ora, se pensi che ogni lupo deve averne almeno quattro, ti sbagli. Sei fortunato se ne ha una, ed è un’eccezione. «World of Warcraft» era assurdo in questo senso. Non importa se ossa, cuori o crani interi, evidentemente ad Azeroth esistono straordinari difetti genetici che permettono agli animali di sopravvivere senza organi vitali o parti del corpo. Ma non è così male – il sistema di quest, non il difetto genetico.
Ho provato molti MMORPG dopo WoW, ma nessuno è riuscito ad affascinarmi per così tanto tempo. Dopo qualche ora con WoW Classic ho capito quale è la ragione: la community. «Age of Conan», «Guild Wars» o «Il Signore degli Anelli Online»: in questi giochi ti senti solo nonostante migliaia di altri giocatori. In WoW, invece, faccio una quest in cui devo seguire un lupo fantasma per cinque minuti, in sincronia con una druida sconosciuta, perché lei sta facendo esattamente la stessa missione in questo momento ed entrambi non abbiamo niente di meglio da fare. Sbattiamo le braccia e sembriamo due uccelli in sovrappeso che non possono decollare. Questo senso di community è l'essenza di WoW.
In questo immenso deserto, dove ogni compito è associato a minuti di cammino, la chat ribolle come se il WoW originale non fosse mai scomparso dalla scena. Il mastro sarto Deedix loda le sue borse di lana e per la centesima volta qualcuno chiede dove trovare la fidanzata di Mankrik. Il tono della chat è (soprattutto) sorprendentemente amichevole e rilassato. Si scherza e ricevi sempre aiuto, se lo chiedi. Quando un giocatore si lamenta del motivo per cui il gioco è molto più difficile del normale WoW, la chat se la ride. «Questo È il vero WoW», scrivono una decina di giocatori contemporaneamente.
Durante le quest, noto anche quanto siano utili la maggior parte dei giocatori. Soprattutto quando si tratta di fare certe mafie e di aspettare tutti nello stesso posto per ricominciare, non ci vogliono nemmeno cinque secondi per far apparire sullo schermo un invito di gruppo. E quando un mago mi passa davanti e improvvisamente si apre la finestra del negozio e io prendo 20 bottiglie d'acqua per ripristinare il Mana, sono convinto: sono i giocatori che fanno sentire così a casa.
Oltre allo stato d'animo positivo della community, il mondo è molto accogliente. Le quest in WoW Classic non hanno alcun indicatore per dirti esattamente dove andare. Di solito si ottiene solo una vaga indicazione. Ma sono sempre più lieto di scoprire che so ancora esattamente in quale oasi si trovano le spore dei funghi. In questo modo il flusso del gioco non si ferma mai. Da quando condivido l'ufficio a casa con mia moglie, la ricopro senza sosta di innumerevoli storie e aneddoti che mi vengono in mente ad ogni ricerca. Ogni collina e ogni fienile è associato a ricordi.
Tuttavia, l’inerzia del gioco non mi è mancata. Da un lato ha qualcosa di accogliente, perché posso ascoltare i podcast o guardare un video senza problemi. Dall’altro, le lunghe passeggiate diventano abbastanza noiose a lungo andare. Anche i combattimenti sono tutt'altro che dinamici. Fai clic sulla sequenza sempre uguale, non importa contro quale avversario. Non è per niente variegato. Anche le nuove attrezzature si mantengono nelle prime 20 ore malamente entro i limiti. Se non avessi comprato una pistola nuova, continuerei a solleticare i nemici sotto le ascelle con un bastone di livello 4.
Ho giocato a «World of Warcraft» più di ogni altro gioco. Dopo il freddo ritiro, però, non ho mai più sentito il bisogno di tornare. Rimaneva solo la curiosità di sapere se il fascino di quel tempo potesse essere sentito ancora oggi. Dopo circa 25 ore posso dire chiaramente di sì. La sensazionale colonna sonora, che mi fa quasi cadere in trance con il gameplay monotono, ma comunque motivante. Il design dei livelli che rende il mondo incredibilmente armonioso anche dopo 15 anni. E, naturalmente, la nostalgia che tiene tutto insieme. «World of Warcraft» è pieno di bei ricordi. Eppure il mio viaggio a Shadowfang Keep con il collega Simon per il nostro Let's Play è stato probabilmente la mia ultima avventura ad Azeroth per il momento. È davvero come tornare a casa. A casa dei genitori. Dove sei cresciuto. Ti piace tornare. Ti senti a casa. Ma dopo qualche ora è abbastanza e sei contento di andar via. Ci vediamo in giro, su WoW o forse no. Per l'Orda e anche per l'Alleanza.
Vado matto per il gaming e i gadget vari, perciò da digitec e Galaxus mi sento come nel paese della cuccagna – solo che, purtroppo, non mi viene regalato nulla. E se non sono indaffarato a svitare e riavvitare il mio PC à la Tim Taylor, per stimolarlo un po' e fargli tirare fuori gli artigli, allora mi trovi in sella del mio velocipede supermolleggiato in cerca di sentieri e adrenalina pura. La mia sete culturale la soddisfo con della cervogia fresca e con le profonde conversazioni che nascono durante le partite più frustranti dell'FC Winterthur.